18/09/17

LA CURA TERMALE




Erano circa le nove del mattino quando telefonai all’istituto termale. Mi rispose una voce stanca e scontenta. Disse "pronto" in tono fenicio: "Gentile telefonante, noi non siamo americani, che si entusiasmano per ogni sciocchezza, che poi ingrandiscono, la fanno diventare un grattacielo di cinquecento piani e lo vendono al mercato globale; se lei, quindi, vuol dire qualcosa di interessante la dica pure, altrimenti... che vuole?" 
Insomma, questo era il "pronto" che talvolta si sente al telefono in un paese antico, che ha visto, udito, sperimentato e sopportato tutto, è stato dominato e invaso, ed è quindi abitato da un popolo stanco.
Ma la voce si ravvivò quando io dissi che intendevo fare una cura termale. Il tono fenicio si trasforma infatti in tono greco quando un qualche interesse personale è stimolato nel parlante.
Insieme al tono fenicio c'è quello greco, quindi, e poi romano, arabo, francese, spagnolo, perfino tedesco e anche, addirittura, eschimese, pur se, quest'ultimo, è usato da pochi. L’isola è quindi una terra di toni e di sfumature, di sottigliezze, di detti e di non detti che si adattano a ogni situazione. 
Ma non voglio però dire che tutte le sfumature e le sottigliezze dell’isola siano sempre il prodotto di menti sveglie e consapevoli. No, sono molto spesso semplicemente reperti storici, sono come le statuine greche che uno può inconsapevolmente tenere sotterrate nel proprio giardino, e poi, anche se le trova, non ne conosce l'origine ed il valore. Sono sfumature di colore che puoi anche trovare nei muri di palazzi antichi e mai restaurati; sono anche sottigliezze che se da una parte rendono ricco il paesaggio umano, dall'altro lo appesantiscono. L’isola è infatti un luogo pesante, antico, troppo denso di storia, e i sui figli nascono stanchi. Anche le buone e innovative idee essi considerano stancamente. Voi pensate che i nostri ottimi programmi televisivi e le innovazioni tecnologiche stiano lentamente cambiando la situazione? Non ci sperate. Un isolano non si libera dal proprio carattere e dal peso della storia solo perché guarda le ballerine che sgambettano in tivù. Anche se egli stesso divenisse una ballerina, danzerebbe sempre con il peso della storia caricato sulle sue spalle. Ma gli isolani hanno pur accettato alcune novità, occorre dirlo a onor del vero, come per esempio le raffinerie di petrolio, le basi militari americane, le casette moderne costruite in riva ai torrenti e sulle spiagge o a ridosso di templi greci, e cose simili che non è qui il luogo per elencare. E, ancor più importante, hanno accettato una classe politica che pur sotto diverse insegne, si è sempre occupata del benessere sociale. Non occorre quindi essere pessimisti a oltranza e ripetere il solito luogo comune secondo cui ogni popolo ha i governanti che si merita. La democrazia, per essere tale, ha bisogno di cittadini consapevoli, come sono gli isolani.
- Posso arrivare dopo le undici, se non è troppo tardi, - dissi alla voce fenicia posteggiata all'altro capo del filo telefonico.
- Lo stabilimento è aperto fino alle dodici, venga, l'aspettiamo.
Ma in verità era troppo tardi, così come io potei constatare, quando arrivai, scorgendo l'espressione inospitale della signora del fango. Non rispose al mio saluto e mi chiese in tono spagnolo: "su quale parte del corpo desidera sia fatta l'applicazione?" Il tono spagnolo è quello falsamente gentile di chi tratta con un subordinato. E in questo caso rispecchiava la realtà della situazione: in teoria io ero un cliente pagante, e lei era lì per servirmi, ma per lei io ero il subordinato.
La signora si era alzata alle sei del mattino e alle sette aveva cominciato a spalmare fango su chiari e innumerevoli corpi provenienti dalla Germania, e adesso, alle undici, era stanca. Io non ero altro che il corpo che avrebbe fatto traboccare il secchio già colmo di fango, e lei avrebbe spalmato su di me il suo malcontento. Era ovvio. 
Mi disse quindi, in tono tedesco: si spogli! - e chiuse la porta della piccola stanza. Era forse la stanza più angusta e disadorna delle terme: quattro spoglie mura, un attaccapanni, una sedia, un duro lettino di ferro che sembrava una barella di ospedale, una vasca con doccia, ma dalla piccola finestra raggi di sole inondavano e rasserenavano. La signora mi lasciò lì solo e senza dir parola, e rientrò poco dopo con un secchio colmo di fango caldo.
 - Si distenda sul lettino, no, non sposti i fogli di cellofan, - disse in tono tra il tedesco e il fenicio.
Posai con cura il mio corpo sul duro lettuccio e attesi. La sua mano destra raccolse dal secchio una quantità di fango ancora fumante e me lo depositò sullo stomaco, poi cominciò a spalmarlo sul resto del mio corpo. La sua mano mi toccava ma allo stesso tempo era lontana. Si protendeva verso di me materialmente ma psichicamente si ritraeva. Era una mano stanca, senza voglia di muoversi, di continuare a spalmare il fango.
- Oggi ha lavorato già tanto, signora?
- È dalle sette.
- Certo che deve essere un bel lavoro avere un contatto ravvicinato con tanta gente che viene da tutte le parti e che magari è antipatica, scortese, o semplicemente brutta.
Non mi rispose.
- Ho bisogno dell'applicazione solo nelle braccia e nelle gambe, è li dove ho avuto dolori quest'inverno, io dissi, mal sopportando il peso delle sue mani sul mio torace. Ma lei continuò imperterrita.
Una volta che fui bene impastato nel fango, la donna mi coprì con un lenzuolo di tessuto plastico e mi abbandonò. Dopo alquanto tempo, forse mezz'ora, il fango si era raffreddato ed io volevo liberarmi. Tirai la cordicella pendente accanto al lettino. Si udì un campanello risuonare nel corridoio ma nessuno venne in soccorso. Mi alzai e mi feci la doccia. Poi m’immersi nella vasca di acqua sulfurea.
Mentre lì dentro mi deliziavo, rientrò la mia signora. In silenzio risistemò il lettino ove mi sarei di nuovo coricato dopo il bagno caldo per dar modo al mio corpo di avere la sua reazione. Mi ordinò di uscire dalla vasca, mi sistemò sotto una coperta, richiuse la porta e mi lasciò solo per sempre.
Io non avevo mai fatto cure termali e questa storia cominciava a interessarmi. E l'iniziale scortesia di questa signora del fango non mi diede un gran fastidio. Mi rendevo conto che l'avrei vista ogni giorno per dodici giorni, e se adesso il rapporto era cominciato così male, poi ci sarebbe stata qualche possibilità di miglioramento. A volte capita proprio così nel continuo processo di mutamento delle cose; i rapporti buoni si deteriorano e i rapporti cattivi migliorano. Me l’aveva detto anche il Dalai Lama: "Tratta i tuoi amici con cura e attenzione, ma non ti meravigliare se si trasformeranno in nemici. D'altra parte tratta bene i tuoi nemici e rallegrati se diventeranno amici. Tutto muta e spesso diventa il suo contrario. Ciò che sta in alto viene abbassato e ciò che sta in basso viene innalzato".
Mi trovavo tra i cinquemila presenti al Royal Albert Hall di Londra ove il monaco discettava. Erano parole di generale saggezza, come quella che trovi nei libri esoterici. Poi deponi il libro e vai a farti una cura termale.
Io intanto me ne stavo disteso e rilassato sotto la coperta. La reazione cominciava ad aver luogo. Il mio corpo diveniva caldo, cominciavo a sudare. Mi misi a respirare profondamente e ad avere pensieri tranquilli. Mi capitò anche di considerarli trascurabili. Li vedevo come proiettati sulla parete bianca della stanza e li lasciavo passare senza intervenire.
 In quei giorni di cura termale io mi rasserenai ed ebbi pensieri tranquilli, e poi, a poco a poco, la signora si dimostrò sempre più gentile. Tutto cambia, come disse il Dalai Lama  :-)

-da libro di racconti LE FATE

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